La PEFS interessa circa l’80% delle donne italiane.
È un’alterazione del tessuto sottocutaneo ricco di cellule adipose. Il tessuto adiposo fa la sua comparsa verso la 28° settimana di gestazione , successivamente alla pubertà, con i diversi tipi di ormoni va a rappresentare il 15% della massa corporea nell’uomo ed il 22% nella donna.
Dopo la pubertà la cellula adiposa che contiene il grasso può aumentare solo di volume e non di numero.
Il termine “cellulite” venne introdotto nel 1922 e definiva le modificazioni del pannicolo adiposo sottocutaneo. Per molti anni tale termine definiva la “cellulite” come una infiammazione degli adipociti sottocutanei. Dal 1982 si chiarirono gli aspetti istopatologici della “cellulite” stabilendo che era doveroso distinguere due situazioni diverse:
Alla base di tutto si ha una alterazione del microcircolo veno-linfatico, quindi una ipo-ossigenazione del tessuto, che con il tempo conduce ad una stasi circolatoria e ad un accumulo di liquidi e cataboliti (prodotti di rifiuto prodotte dal metabolismo della cellula) a livello dell’interstizio (spazio compreso tra le cellule). La cellula viene quindi a trovarsi in uno stato di sofferenza generale non riuscendo più ad eliminare le sostanze di rifiuto e l’accumulo delle stesse rende difficoltoso l’arrivo di ossigeno ed elementi nutritivi per la cellula stessa. Il tessuto forma nuove fibre di collagene che legano gli adipociti (cellule di grasso) tra di loro, formando veri e propri gruppi di noduli, micronoduli.
Con il progressivo aggravamento del danno, tali noduli aumentano di numero e dimensione, tendendo ad unirsi formando noduli palpabili sulla superficie cutanea. In questo contesto, il danno vascolare è progressivo aumenta l’incapacità di drenare i cataboliti cellulari e di conseguenza la sofferenza cellulare, che condurrà con il tempo alla fibrosi e alla sclerosi del tessuto.
La cellulite è quindi caratterizzata dall’aumento del volume delle cellule adipose e dall’accumulano di liquidi (residui dei processi biochimici dell’organismo) in eccesso negli spazi intracellulari. L’equilibrio del sistema venoso e linfatico modificato con un rallentamento del flusso sanguigno e una ritenzione di liquidi da parte dei tessuti.
Presenza di micro o macronoduli, percepibili alla palpazione
Cute ipotermica (fredda)
Possibile presenza di smagliature e/o teleangiectasie (capillari) con predisposizione ai piccoli ematomi (“lividi”)
Cute ipotonica ed ipotrofica che segue la postura
Dolore alla palpazione
Pesantezza e/o stanchezza degli arti
Man mano che il danno vasculo-tissutale aumenta è possibile evidenziare un peggioramento del quadro anatomofunzionale.
E’ vero però che gli stadi sono solo delle evoluzioni e dei peggioramenti didattici ma nella realtà, nella stessa persona, quasi sempre, troviamo zone cutanee con stadi diversi di Pefs.
I stadio (edema) – Si ha una iniziale alterazione della permeabilità capillare. In questo stadio la paziente avverte solo un’iniziale pesantezza agli arti inferiori.
II stadio (modificazione dell’adipocita) – Si ha un progressivo accumulo di scorie metaboliche che vengono eliminate in modo sempre più difficoltoso. Inizia a farsi evidente l’aspetto della cute a “buccia d’arancia”, un piccolo accumulo adiposo e la cute perde parte della sua elasticità.
III stadio (fibrosi) – Inizia a comparire la fibrosi del tessuto e anche le prime teleangiectasie (capillari). Alla palpazione il tessuto risulta pastoso e si avverte la presenza di piccoli noduli. La cute può risultare fredda e dolente alla palpazione.
IV stadio (fibrosi avanzata) – In questo stadio la fibrosi dei tessuti inizia a farsi evidente; la palpazione suscita vivo dolore. L’arto inferiore presenta segni e sintomi legati all’insufficienza vascolare.
V stadio (sclerosi) – In questo stadio (irreversibile) vi è una vera e propria fibrosi e sclerosi dei tessuti.
Molte sono le cause e spesso dipendente da vari fattori che si sommano fra loro. I fattori primari non sono causati da noi e quindi non sono eliminabili (ad es. il sesso, la razza o la familiarità). Definiamo secondari gli altri fattori che sono collegati all’andamento della nostra vita, o collegati a patologie particolari o all’assunzione di farmaci. Poi ci sono i fattori aggravanti dovuti al nostro stile di vita che possono essere controllati adottando uno stile di vita diverso (ad es. abitudini alimentari, fumo o sedentarietà).
Ci sono inoltre altri fattori da conoscere che possono facilitare la formazione di cellulite come ad esempio il ciclo mestruale, infatti l’aspetto a buccia d’arancia nel periodo pre mestruale si accentuaciò è provocato da un eccesso dell’ormone prolattina che giustifica la ritenzione idrica e dal fatto che prima del ciclo l’organismo aumenta le proprie capacità di elaborazione degli zuccheri che servono a loro volta per aumentare la serotonina, la quale provoca variazioni di peso e di volume del pannicolo adiposo intensificando l’aspetto a buccia d’arancia.
Anche la pillola anticoncezionale e le cure estrogeniche creando ritenzione idrica tendono ad aggravare la tipologia.
La cellulite peggiora anche durante la gravidanza quando aumenta il livello degli estrogeni
Spesso la cellulite aumenta dopo la menopausa.
La menopausa provoca ovviamente una riduzione degli ormoni, un abbassamento degli estrogeni. La carenza di estrogeni dà meno problemi di ritenzione idrica e di ristagno dei liquidi di circolazione sanguigna, ma fa aumentare notevolmente l’appetito, quindi non è di per sé la menopausa ad aumentare il problema cellulite, bensì l’aumento di peso
La cellulite è classificata come un’affezione patologica autonoma con ripercussioni sulla salute
Lo sport e buona alimentazione aiutano il corpo a mantenere una forma fisica ottimale, ma non possono bastare per ridurre o eliminare la cellulite.
E’ possibile effettuare la diagnosi mediante l’esame obiettivo. Conoscere le cause è fondamentale per poter avviare il percorso terapeutico più adeguato ad ogni paziente e ad ogni tipo di cellulite. Individuare il problema per arrivare alla soluzione, perché pur essendo legata a fattori genetici, la cellulite dipende spesso dalla ritenzione idrica, una non equilibrata alimentazione e poco movimento. Esistono dei trattamenti specifici che possono se non risolverla del tutto, quantomeno attenuarla e curarla, riducendola nel tempo.
Tenendo come base la CARBOSSITERAPIA, è possibile abbinarvi la MESOTERAPIA DRENANTE o il TRATTAMENTO LIPOLITICO CON FOSFATIDILCOLINA o la CAVITAZIONE .
Ha grande validità sia da sola che associata con la mesoterapia o con un trattamento lipolitico. Il gas riesce a penetrare all’interno del tessuto adiposo dopo l’inoculazione, rompe gli adipociti (le cellule di grasso) e libera dagli adipociti i trigliceridi e il colesterolo. Inoltre permette una maggior cessione di ossigeno da parte dei globuli rossi e pertanto una maggior ossigenazione della nostra cellula di grasso. Questo porta ad un miglioramento netto e marcato dell’aspetto a buccia di arancia e anche ad un miglioramento della silhouette, quindi del disegno della gamba, con una riduzione dei centimetri. L’anidride carbonica, utilizzata per stimolare la rigenerazione cellulare, potenzia gli effetti di una MESOTERAPIA DRENANTE, trattamento questo che riduce la ritenzione idrica, drena i tessuti dalle scorie e migliora la circolazione.
Con Fosfatidilcolina e Acido Dessossicolico
La mesoterapia è una delle prime terapie che si è effettua per la cellulite. Consiste nell’iniettare nel derma medio delle sostanze che hanno attività lipolitica e drenante e che favoriscono il drenaggio linfatico ed hanno anche un’attività di sostegno al microcircolo.
Le onde d’urto agiscono direttamente sul metabolismo cellulare con un effetto rigenerativo importante. La modulabilità del trattamento consente di intervenire non solamente in presenza di cellulite ma anche con piccoli accumuli di grasso grazie alle onde planari. L’uso combinato con la CARBOSSITERAPIA permette un’azione in profondità sia per combattere la cellulite sia per restituire alla pelle una maggiore tonicità.
La cellulite fibrosa difficile è responsabile della cosiddetta cute a “materasso” che si forma principalmente sulla zona sedere delle donne. Direttamente dal Brasile la dottoressa Dalila Vergani ha importato una tecnica rivoluzionaria che garantisce massima efficacia e risultati eccellenti: i Brazilian needles (aghi brasiliani o aghi Nokor).
Si tratta di aghi speciali, la cui parte terminale è triangolare (junction plane). Quest’ultima consente l’incisione a livello profondo nel derma dei setti fibrosi (i filamenti che determinano i buchi a materasso), che “tirando” la pelle verso l’interno sono responsabili delle depressioni tipiche della pelle a materasso.
Inizialmente il medico specialista somministra una leggera anestesia locale nelle zone ove sono presenti le fossette (o cicatrice da depressione) più profonde, quindi si inserisce l’ago a pochi millimetri sotto cute. La punta triangolare è orientata parallelamente alla pelle appena sotto il derma. Mediante l’ago, il medico va a rompere il setto fibroso che determina la rientranza sulla pelle (buco o fossetta) “a materasso” e permette alla pelle di sollevarsi.
Si consiglia di ripetere il trattamento sullo stesso buco una volta ogni due settimane per un totale di tre trattamenti.